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Del Salone del Libro, ovvero l'emblema dei peracottari

Oggi si presenta al pubblico la più grande e famosa kermesse libraria d'Italia, e seconda per numero di presenze in Europa. Bene, bello, ok. Ma c'è un piccolo particolare da non sottovalutare: si presenterà un'edizione in cui, per forza di cose... mancherà la direzione.

Ebbene sì, perché se è pur vero che il bando per la manifestazione di interesse per candidarsi a fare il futuro direttore è uscito in novembre, oggi, in febbraio, ancora non si è riusciti a sceglierne il nome definitivo. Dunque laddove Nicola Lagioia ha già detto che lascerà, e che si sarebbe auspicato di “passare il testimone” quanto prima, a oggi il nome di questo suo successore non si vede all'orizzonte.

Questo devo dire è molto triste, per una manifestazione di così grande richiamo e di tale importanza per la prima industria culturale italiana. D'altra parte, di questa impasse c'è ben poco da stupirsi, vediamo il perché.

Facciamo un salto indietro dunque (volendo, ne ho fatto un riassunto anche qui): Nicola Lagioia rimarrà ai posteri come “il direttore del rilancio”, con meriti personali tutt'altro che secondari. Era infatti il 2017 quando Nic si è preso la rogna di dirigere ciò che, allora, sembrava un carrozzone in fiamme e in procinto di schiantarsi contro un muro. Eh sì, perché per chi c'era e si ricorda, sarebbe il caso di rimembrare anche l'inchiesta per peculato e malversazioni, le notizie di torte, feste, viaggi in aereo e consulenze per cani e porci, il tutto con i soldi di Comune e Provincia di Torino, Regione Piemonte e Ministero della Cultura. Ovviamente per alcuni nel tempo tutto ciò può anche essere passato in secondo piano, e ci può anche stare (anche se non sono d'accordo, ma la mia opinione poco importa). È proprio per cercare di dare un freno a questo magna magna della più classica politica italiana che l'AIE aveva deciso di tirarsene fuori e fondare ciò che fu la fallimentare Tempo di Libri (oggi il sito pare vendere cancelleria, zaini e affiliazioni Amazon. Fine ignominiosa devo dire). Ma allora ci fu una vera e propria sollevazione della massa dei lettori italiani contro questo “furto”, e il Salone, grazie alla vendita ai privati dell'associazione Torino Città Libro, all'asta del marchio e all'inchiesta poi man mano soffocata o dimenticata, che il Salone si è ripreso... almeno all'apparenza.

Sì perché non appena “chi ci ha messo la faccia”, ovvero il bravissimo Nicola Lagioia, ha fatto un passo indietro, tutto il circo politico si è ripreso tale e quale la scena e ha ricominciato i magheggi e le sconcezze che caratterizzavano le gestioni precedenti. Ovvero nemmeno tra 53 candidati si è riusciti a scegliere un nome che sia uno, e non guardando alle competenze (come nella migliore tradizione italiana), bensì all'appartenenza politica.

Dunque vedremo cosa ci porterà il nuovo nome politicamente scelto, magari con un curriculum in cui non compare nemmeno l'organizzazione della sagra della porchetta, ma con una precisa tessera di partito o anche solo di simpatia. Credo che rimpiangeremo Lagioia, per la sua capacità di mettere d'accordo tutti e di avere idee innovative e fresche.

 

https://torino.corriere.it/notizie/cultura/23_febbraio_13/il-salone-del-libro-di-torino-si-presenta-tra-malumori-e-fantadirettore-1e334e33-6a7a-41f0-8582-5267d62eaxlk.shtml?refresh_ce

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