Abbiamo chiesto a Lucrezia Nanni di parlarci brevemente del suo ultimo libro uscito per Panda Edizioni. Vediamo cosa ci ha risposto:
Come è nato questo libro?
Il libro è nato in maniera molto naturale, mi ripetevo spesso che la gente deve sapere cosa succede davvero negli Emirati Arabi Uniti. Dubai non è solo lo sfarzo, il palazzo più alto del mondo o
il lusso sfrenato, è un paese islamico con tante contraddizioni e leggi coraniche che nessun occidentale conosce o prende in considerazione. La gente deve sapere, e questa storia mi auguro che
dia un quadro di quanto è successo ad Arianna, ma che può succedere a chiunque.
Che cosa racconta il suo libro, in breve?
Il libro racconta di Arianna, dei gravi problemi economici in cui era affondata, della sua paura di finire i suoi giorni in una prigione che non ha alcun rispetto dei diritti umani. Arianna si
era nascosta, non aveva documenti, era ricercata. Questa storia narra della sua fuga rocambolesca, dei rischi e delle tante paure che ogni giorno allontanavano sempre più il miraggio del ritorno
a casa.
Qual è la situazione reale della libertà delle donne nei paesi arabi?
Per comprendere la reale situazione delle donne negli Emirati Arabi Uniti, serve innanzitutto comprenderne la mentalità. Gli uomini possono sposare più mogli (fino
a quattro), i matrimoni sono organizzati dalle famiglie, le donne locali indossano il velo, non si stringe mai la mano a una donna. L'uomo ha il dovere di sovvenire ai bisogni materiali della
famiglia, mentre la donna deve occuparsi della casa. Queste sono tradizioni islamiche che resistono ancora oggi.
Per contro, ti senti libera, puoi uscire in piena notte senza il rischio che qualcuno ti possa dare fastidio. Le donne locali trascorrono il tempo libero nei mall, a fare shopping, dalla
manicure, al caffè con le amiche. A una donna occidentale, tutto questo potrebbe bastare realmente?
Come mai ha scelto l’anonimato?
Negli Emirati Arabi Uniti non c'è libertà di stampa e svelare certi "segreti" è considerato un reato grave, punibile con molti anni di detenzione. Il rischio c'è comunque, anche usando uno
pseudonimo, ma la verità è sempre una gran bella cosa.
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