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Simone Barcelli e "L'ultimo rifugio delle SS"

Abbiamo chiesto a Simone Barcelli di parlarci brevemente del suo ultimo libro uscito per Panda Edizioni. Vediamo cosa ci ha risposto:

 

Come è nata l’idea del libro? Cosa le ha fatto scattare la curiosità di approfondire il destino delle SS dopo la guerra?

“L’ultimo rifugio delle SS” si discosta non poco dalla mia precedente produzione. Infatti finora avevo scritto essenzialmente di civiltà scomparse e antiche conoscenze perdute, mentre con questo volume faccio un notevole balzo temporale, giungendo fino alla metà del Novecento. Sentivo da tempo l’esigenza di allargare il mio campo di ricerca per affrontare tematiche più recenti, come mi era stato d’altronde suggerito da molti lettori. Tra gli argomenti che mi appassionavano di più, fin da bambino, c’erano le vicende che ruotavano attorno alla Seconda Guerra Mondiale. È stato quindi del tutto naturale riprendere e sviluppare quegli interessi, cominciando dalla fuga dei criminali nazisti in Argentina dopo la fine del conflitto e il coinvolgimento in questa fuga di Eva Duarte, la carismatica moglie del presidente argentino Juan Domingo Perón, senza dimenticare la ricerca del tesoro scomparso della Reichsbank. L’idea di scriverci un libro è scaturita dalla complessità della vicenda, una sfida con me stesso che ho raccolto con piacere, anche perché le azioni dei tanti protagonisti, che paradossalmente sembrano uscire da un romanzo, s’intersecano tra loro per formare un enorme e intricato mosaico.

 

È stato difficile reperire le informazioni? Come si è documentato?

Oggi con la rete internet è possibile attingere a una mole enorme di documentazione, la difficoltà rimane semmai quella di scegliere e analizzare la più attendibile. Per condurre questa indagine nella maniera più obiettiva possibile, ho preferito consultare centinaia di pubblicazioni cartacee, storiografiche ed economiche, attinenti il periodo tra la Seconda Guerra Mondiale e i primi anni Cinquanta, con particolare attenzione ai rapporti intercorsi fra l’Argentina e la Germania. È stata però preziosa e necessaria la consultazione in digitale di numerosi quotidiani e riviste anche in altre lingue, per fornire un quadro completo e soprattutto aggiornato delle argomentazioni trattate nel libro.

 

Durante le ricerche per la stesura, c’è qualcosa che ha scoperto che la ha stupita maggiormente?

È stato senz’altro un susseguirsi di sorprese, poiché le vicende storiche, se analizzate attingendo a tutte le fonti storiografiche disponibili, rivelano verità inconfessabili che ancora oggi fanno fatica a trovare spazio nei libri di testo. Per esempio la storia della riunione avvenuta il 10 agosto 1944, in cui Martin Bormann avrebbe convocato tutti i principali uomini d’affari tedeschi e i vertici del Partito Nazista all’Hotel Maison Rouge di Strasburgo, ancor oggi considerata autentica dalla maggioranza degli storici e giornalisti investigativi, merita invece di essere rivelata per quel che è, cioè una vera e propria fandonia. E senza quell’incontro, anche l’esistenza dell’organizzazione denominata Odessa (Organisation Der Ehemaligen SS Angehörigen - organizzazione degli ex appartenenti alle SS), è messa seriamente in discussione, poiché priva di robuste fondamenta. Ma anche la faccenda del denaro dei nazisti arrivato in Argentina dagli Stati Uniti meriterebbe ben altra attenzione: milioni di dollari transitavano infatti sui conti correnti della Union Banking Corporation (UBC) di New York, amministrata all’epoca, per conto dell’industriale tedesco dell’acciaio Fritz Thyssen, da George Herbert Walker, mentre il genero Prescott Sheldon Bush (padre e nonno dei futuri presidenti degli Stati Uniti George Herbert Walker Bush e George Walker Bush) ricopriva la carica di direttore. Dopo il conflitto la banca tornò nel pieno possesso delle sue disponibilità, tanto che Prescott Bush potrebbe aver ceduto il suo pacchetto azionario per una cifra superiore al milione di dollari, anche se mancano negli atti consultati prove documentali in tal senso. I registri dell’epoca mostrano che Bush continuò a fare affari dopo la guerra, spostando beni in Svizzera, Panama, Argentina e Brasile, noti luoghi di fuga dei nazisti dopo la resa della Germania.

 

A chi consiglia questo libro?

Pur scrivendo di argomenti complessi, fra l’altro già trattati da altri autori, ho cercato di strutturare il saggio con un taglio narrativo inconsueto, spero coinvolgente, mantenendo quello stile divulgativo che mi ha sempre contraddistinto. Per queste ragioni il libro è rivolto a un pubblico curioso ma esigente, che desidera farsi un’idea e saperne di più su queste vicende storiche, in cui l’interesse dei protagonisti è stato sempre mosso dal denaro.

 

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